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Lc 6,1-16

 

Discussione sul sabato, guarigione di sabato e scelta dei dodici 

 

di Ina Mancino

Qual è il rischio del fedele? Fare della fede una norma da rispettare a tutti i costi. E che fede è una fede che svuota di contenuto la norma normata? Un inutile orpello, un gravoso fardello. In questo brano vediamo i farisei puntare il dito sui discepoli di Gesù, i quali, passeggiando fra i campi, raccolgono alcune spighe e le mangiano. Ma è sabato e l’azione viene considerata come l’equivalente di una mietitura, quindi, lavorando, trasgrediscono il precetto del riposo e in più sono poco mistici (non digiunano). I farisei hanno fatto così della regola la loro religione. Gesù inutilmente cita la Scrittura (1 Sam 21,1-6) dove Davide, fuggendo da Saul, giunge con i suoi compagni a nord e chiede e ottiene di cibarsi del pane delle offerte. Luca mette qui in luce la sconfinata pazienza di Gesù e la sua conoscenza della parola e della giusta interpretazione. Ogni norma va inserita nel suo contesto. Davide ha fame, il sacerdote abroga la legge rituale in nome della carità. La carità non può avere legge. I comandamenti di Dio sono legge di giustizia e misericordia verso l’uomo, sono in funzione dell’uomo. Solo chi vive la verità di Dio potrà vivere la carità e la giustizia verso l’uomo. La verità del sabato non è la legge rituale, non è la tradizione degli uomini. La verità del sabato è la carità, chi osserva la carità osserva tutta la legge del Signore: Dio vuole dei figli liberi non dei sudditi ossessionati dalle regole.

Più avanti al verso 6 Luca inserisce un miracolo che Gesù compie sempre di sabato: è nella sinagoga e insegna, mentre scribi e farisei lo tengono d’occhio, per vedere se compie la guarigione di un uomo che si trova lì e ha una mano inaridita; loro cercano un capo d’accusa contro Gesù. La scena che Luca tratteggia è rapida, i pensieri letti ricevono la risposta da parte di Gesù, il quale non solo guarisce la mano inaridita, ma lo fa in maniera plateale. Lo guarisce, facendolo prima alzare e mettere al centro della stanza, e dopo aver domandato loro se fosse lecito nel giorno di sabato fare il bene. La reazione a quella guarigione è di rabbia furente contro Gesù da parte di scribi e farisei.
Ancora una volta Luca ci fa notare la grande incomprensione che si ha della vera legge di Dio, è talmente sviata la giusta interpretazione che la sofferenza dell’uomo dalla mano inaridita non viene neppure calcolata. Per gli osservanti della legge al primo posto c’è la regola che non è stata osservata. Gesù è da condannare. Vengono così a essere capovolti i valori, la legge ha preso il sopravvento sull’uomo, eppure la Legge del Sinai “non fare a nessuno ciò che non vuoi che sia fatto a te” regola d’oro (Tb 4,15) viene trasformata positivamente da Gesù. Ma, evidentemente, sta intralciando interessi e desideri privati. Tanto che iniziano a discutere su cosa fargli. Subito dopo troviamo Gesù sulla montagna a pregare il Padre e, dopo aver pregato tutta la notte, al mattino chiamò i discepoli e tra questi ne scelse dodici che avrebbero dovuto seguirlo.
Scegliere i discepoli non era la norma dell’epoca poiché allora avveniva il contrario, erano i discepoli a scegliere i maestri. Inoltre i prescelti devono lasciare tutto per seguirlo, vivere con lui per divenire poi i testimoni della parola di Dio. Ma perché proprio dodici? La scelta di dodici apostoli richiama le dodici tribù d’Israele, e rivela l’intenzione di rifondare l’identità della propria nazione che ha stretto un’alleanza con Dio. La scelta è operata in stretta relazione con Dio stesso dopo una lunga notte di preghiera con lui. I dodici scelti da Gesù sono l’inizio del nuovo popolo di Dio. Gesù, compiendo questa scelta, lega a sé e alla sua opera i dodici: i testimoni che saranno le “colonne” su cui la Chiesa si reggerà. Il popolo di Dio oggi prega in ogni messa per i vescovi, successori degli apostoli affinché le colonne non vacillino.

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