• facebook2
  • youtube2

Luca 1,57-80

Nascita di Giovanni. Il Benedictus 

 

di Anna Maria Sanfilippo

La nascita di questo bambino, ormai inatteso, è il segno della grande misericordia di Dio. Il Signore ha fatto grandi cose e la gente lo dice. Le azioni del Signore avvengono indipendentemente dagli uomini, che se ne possano accorgere o no. La cosa importante e significativa è che chi se ne accorge lo dica: “questa è un’opera del Signore” e si rallegri… gioisca con lei.
Maria è lì presente ed è una di quelle persone che si rallegrano con Elisabetta.
Secondo la legge di Mosè, l’ottavo giorno dalla nascita il bambino maschio deve essere circonciso, è il rito con il quale entra nell’alleanza (Gen 17). Da Abramo in poi tutti gli israeliti vengono circoncisi.
E’ anche il momento dell’imposizione del nome, l’uso comune è che mantenga lo stesso nome del padre, a maggior ragione se, come in questo caso nasce da un uomo anziano con la probabilità che sia l’unico. Parenti e amici prendono l’iniziativa, si svolge una festa e tutti si sentono coinvolti. Per tradizione il nome è scelto con un significato, contiene un messaggio, consistono in parole abituali, soprattutto verbi, con l’aggiunta dell’elemento “teoforico”, cioè portatore di Dio. Molti nomi ebrei finiscono con “El”, nome comune di Dio, oppure “Ya” forma sintetica di Yahweh.
Ma la madre interviene, con il diritto che le è concesso: “ No si chiamerà Giovanni”… è un nome fuori dalla tradizione di famiglia, la scelta di Elisabetta è legata al significato del nome; in questo caso l’elemento teoforico è Yo che sta davanti: Yo-hànàn. Hànan è il verbo della misericordia, della grazia, quindi Yo-hànàn significa: Yahweh ha fatto grazia. La gente parla di questa grazia, di questa bontà che Dio ha mostrato ed Elisabetta conclude: “si chiamerà Giovanni… Dio ha fatto grazia”. Forse non è solo questa la motivazione.“Allora domandavano con cenni a suo padre come voleva che si chiamasse”. Zaccaria ha in mente quel nome da nove mesi, il nome pronunciato dalla bocca dell’angelo. “Egli chiese una tavoletta e scrisse: Giovanni è il suo nome”. Il timore, lo stupore, la meraviglia esprimono la percezione che tutti hanno della presenza di Dio. E’ una buona notizia che si divulga e tutti quelli che la ascoltano, oltre a parlarne, la tengono nel cuore, la custodiscono, meditandola.
I sentimenti di Elisabetta e Zaccaria non sono raccontati, Luca preferisce presentare la lode dei vicini che assistono a questa nascita e di Zaccaria, un particolare decisivo, “ fu colmato di Spirito Santo”.
Anche Elisabetta, quando incontra Maria, è piena di Spirito Santo, quel bambino ne sarà pieno e, grazie a lui, i genitori ricevono una abbondanza di Spirito. Si realizza in loro una condizione di pienezza assoluta, non solo di fede ma anche di gioia. Per Zaccaria la risposta alla domanda, ai cenni dei suoi amici, coincide con l’apertura, il recupero della parola e dell’ascolto e il suo parlare diventa, anzitutto, una benedizione di Dio. Dietro questi fatti familiari noi rileggiamo una dinamica storica che riguarda il popolo, la storia, l’umanità. Quella preghiera attribuita a Zaccaria assume un significato importante. Si tratta di un testo liturgico che, con buona probabilità, Luca ha trovato nella prima comunità cristiana di Gerusalemme; una preghiera in uso nell’ambiente giudeo-cristiano, che ha tradotto dalla lingua semitica e ha inserito nel suo vangelo. In questa prima parte del testo, strutturato secondo il modo di esprimersi della lingua semitica, troviamo il significato dei nomi dei tre personaggi della storia: Zaccaria, Dio si è ricordato Elisabetta, Dio ha giurato e Giovanni Dio ha fatto grazia. Nell’originale semitico, questi versetti si susseguono: per fare misericordia, per ricordarsi dell’alleanza, del giuramento giurato. La scena del vecchio padre con il bambino tra le braccia è il segno di una “Visita”, di una “Salvezza”, di un intervento decisivo di “Fedeltà”… è la realizzazione di quello che era stato detto per mezzo dei santi Profeti.
Si parla di nemici, di persone che odiano. Chi sono? Luca ci suggerisce una interpretazione: i nemici, gli odiatori sono immagine del male che domina la nostra vita. I nostri nemici sono i peccati, i vizi, i difetti, le inclinazioni al male. La salvezza che il Signore porta è proprio la liberazione dal male che ci corrompe. Zaccaria adopera un linguaggio sacerdotale, quando dice “servirlo”. Un verbo tecnico per indicare il culto nel tempio. Il desiderio di ogni pio sacerdote israelita è proprio questo “abitare nella casa del Signore per tutti i giorni della mia vita” (Sal 22, 6). Qui, però, c’è molto di più, c’è un superamento della prassi liturgica dell’Antico Testamento, per indicare una comunione di vita con il Signore, una relazione intensa di santità e amicizia continuata per tutti i giorni della vita.
Nella seconda parte del cantico Zaccaria si rivolge al piccolo Giovanni, profetizzando che suo figlio sarà profeta. Annuncia quello che sarà il compito di Giovanni: pre-correre, fare la preparazione, andare avanti al Signore. E’ un linguaggio che piace particolarmente a Luca, “la strada”, la via, il Signore in cammino verso Gerusalemme, poi il viaggio degli Apostoli da Gerusalemme agli estremi confini della terra.
La vita è un cammino, la Chiesa è lungo la strada, la vita del discepolo è mettersi in cammino e le strade del Signore sono preparate da questo bambino. Il Benedictus è una preghiera di inizio, la preghiera di un bambino appena nato che ha tutto davanti. La preghiera che recitiamo al mattino come all’aurora della vita. Preghiera di Speranza.

Top