Mt 26,17-46
Dal Cenacolo al Getsèmani
di Maria Ferrera
Gesù si trova a Gerusalemme con i suoi apostoli per le feste della Pasqua giudaica, sa che la sua “ora” è vicina, che quella sarebbe stata la sua Pasqua, è consapevole della sua missione e ciò che dovrà patire per la salvezza dell’umanità, ma il suo grande desiderio è quello di ritrovarsi assieme ai suoi discepoli per la cena pasquale. La preparazione avviene nel primo giorno della festa degli Azzimi, che secondo il calendario giudaico corrisponde al 14 di Nisan, il giorno di Pasqua, mentre i preparativi avvengono il giorno precedente, quello della Parasceve. I discepoli chiedono a Gesù dove vuole mangiare la cena pasquale ed egli dà tutte le indicazioni ed essi fanno come ha ordinato, così come quando li aveva mandati a preparare il suo ingresso a Gerusalemme (Mt 21,1-7).
Entriamo anche noi con lo spirito e il cuore nel Cenacolo dove iniziò la passione di Gesù e l’ultima tappa della nostra salvezza.
Quando la cena era iniziata, Gesù svela che uno dei discepoli sta per tradirlo. Parole che lasciano sconvolti i discepoli, i quali si chiedono chi di loro può essere il traditore. Solo Giuda però si espone rivolgendosi a Gesù: “Rabbì, sono forse io?”, “Tu l’hai detto” risponde Gesù.
Matteo suggerisce così che malgrado il tradimento fatto da qualcuno molto amico, l'amore di Gesù è più grande del tradimento! Un amore senza misura, un amore profondo nonostante i nostri peccati. Dice Gesù (v.24): “Il Figlio dell’uomo se ne va, come sta scritto di lui; ma guai a quell'uomo dal quale il Figlio dell'uomo viene tradito!” Il traditore in questa azione è libero, agisce in piena coscienza, è il responsabile.
L’ultima cena di Gesù avviene secondo il rituale della cena pasquale ebraica che prevede la berakah, la benedizione del pane e del vino e invita i suoi discepoli con un atto affettuoso,
“Prendete, mangiate: questo è il mio corpo” Gesù si dona completamente a loro. Poi “Prese il calice, rese grazie e lo diede loro, dicendo: “Bevetene tutti, perché questo è il mio sangue dell’alleanza, che è versato per molti per il perdono dei peccati”. Gesù donando il suo corpo e il suo sangue ha anticipato la sua passione, morte e risurrezione e ha voluto che il pane e il vino diventassero
per sempre segno della sua presenza tra noi per testimoniare l’immenso amore per ciascuno di noi. Avviene l’Istituzione dell’Eucarestia. Dopo avere celebrato questo rito Gesù dà loro appuntamento nel regno del Padre. Si concluse la cena con il canto del salmo dell’Hallel pasquale (salmo 113-118) e uscirono verso il monte degli Ulivi. Gesù preannuncia che quella notte egli sarà per loro motivo di scandalo, cioè di ostacolo alla fede di coloro che più ama, come dice la scrittura: “Percuoterò il pastore e saranno disperse le pecore del gregge” (Zc 13,7). Gesù spiega che dinanzi a ciò che avverrà di lì a poco essi avranno paura e lo abbandoneranno, ma promette: “dopo che sarò risorto vi precederò in Galilea”.
Quando Gesù con i suoi Undici arriva al Getsemani, un podere sul monte degli Ulivi, comanda loro di fermarsi: “ Sedetevi qui mentre io vado là a pregare.” Poi chiama Pietro, Giacomo e Giovanni e confida loro: “l’anima mia è triste fino alla morte. Restate qui e vegliate con me”. E’ un Gesù che mostra la sua umanità, la paura e il terrore di fronte alla sua “ora”: si getta bocconi per terra, si alza per andare dai suoi discepoli, torna ad inginocchiarsi, poi si alza di nuovo, si sente lasciato solo anche dal Padre e lo supplica: “ Padre mio, se è possibile, passi via da me questo calice!” E’ giunto il momento di bere il calice. Gesù si sente peccato davanti a Dio perché ha preso su di sé i nostri peccati, sa che questa è la sua missione, perciò dice al Padre: “non ciò che io voglio, ma ciò che vuoi tu” Gesù ritorna dai suoi amici per la terza volta, ma li trova ancora addormentati. Si avvicina loro e dice: “Dormite pure e riposatevi! Ecco l’ora è vicina e il Figlio dell’uomo viene consegnato in mano ai peccatori. Alzatevi, andiamo! Ecco, colui che mi tradisce è vicino”. … È giunta l’ora!