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Mt 21,1-22

 

Ingresso messianico e autorità di Gesù nel tempio

 

 

di Salvatore Tosto

 

 

L’ingresso trionfale nella città santa si sviluppa in una cornice fortemente teologica: Gerusalemme, la meta dove è diretto Gesù e dove si compirà il mistero della salvezza; Betfage, piccolo villaggio alla periferia degradata di Gerusalemme; il Monte degli ulivi, ad est e a ridosso della città, sulla strada romana che porta alla capitale. Ai piedi di questo monte è posto il Getsemani, Orto degli Ulivi, dove Gesù passerà la sua ultima notte e dove verrà arrestato. Una geografia teologica su cui viene focalizzata l’attenzione del lettore. Nelle parole di Gesù: andate, sciogliete, conducete, dite, troviamo una autorità che esprime un potere da Signore. E’ Gesù stesso che si attribuisce questo titolo: “ Il Signore ne ha bisogno”, l’unica volta, facendo emergere la sua identità messianica preannunciata dal profeta Zaccaria: “Ecco il tuo re viene a te mite, seduto su un asino…”(9,9). Egli è il nuovo re d’Israele, il messia atteso, la cui messianicità è simboleggiata dallo slegare l’asina e il suo puledro che vengono condotti a Lui. Quel “conducete a me” dice che tutto deve essere ricondotto a Lui, ricapitolato in Lui, che sta compien-

do il disegno del Padre, facendoci conoscere il mistero della sua volontà. Un re che cavalca l’asino, in tempo di pace; un re mite che porta con sé il giudizio su una generazione incredula ed adultera; un re figlio di Davide e, quindi, legittimo erede delle promesse di Dio, che in Gesù si compiono.(2Sam.7,12-16). L’espressione colui che viene o il veniente, nel linguaggio biblico indicava il Messia, cioè l’Unto di Dio, che doveva venire nel suo nome, cioè con la stessa autorità di Dio. Egli è Re riconosciuto dai discepoli che posero i loro mantelli sull’asino. Lo stendere i mantelli da parte dei discepoli e delle folle che accompagnano Gesù, è un gesto di riconoscimento della regalità e il sottomettersi ad essa. La folla, numerosissima, preannuncia l’universalità di questo riconoscimento. Una folla che stende anche rami frondosi per la via, secondo antiche liturgie prescritte dalla Torah: una folla osannante ed implorante la salvezza “Dona Signore la tua salvezza” Sal. 117, 25. Una folla che appare divisa in due con al centro Gesù: una parte lo precede, un’altra lo segue. Sembra che Matteo voglia rappresentare la comunità

ebraica: la folla che precedeva Gesù è quella che lo attendeva; la folla che seguiva Gesù è quella che lo ha riconosciuto messia regale di discendenza davidica. L’entrata di Gesù in Gerusalemme crea agitazione fra la gente che si chiede chi sia costui così acclamato. La risposta però è quasi lapidaria: è soltanto uno dei tanti profeti che vanno in giro per la Palestina a parlare delle cose di Dio, le cui origini non sono divine, ma umane. Proviene da Nazareth di Galilea: non proviene da Dio, ma da Nazareth. Ciò decreta la loro condanna. Gesù sarà a loro inaccessibile fino a quando non riconosceranno la sua provenienza divina e l’azione di Dio stesso in Lui, come sta scritto in 23,39 <>. L’entrata trionfale di Gesù in Gerusalemme evidenzia la sua identità di Re, Messia davidico e Profeta in cui si sono compiute le promesse divine, quindi ha l’autorità per compiere la purificazione del Tempio, cacciando i cambiavalute, i venditori di colombe, rifacendosi ai profeti, Is. 56, 6-7 e Ger.7,11, “la mia casa sarà chiamata casa di preghiera, ma voi ne fate una spelonca di ladri” (Mt,21,13). Un’azione rinnovatrice quella di Gesù che ora attira a sé ciechi e storpi e la conseguente loro guarigione. Coronato da tre titoli che dimostrano la sua autorità e il suo potere, Egli Entra nel Tempio, nel cuore del giudaismo e compie la sua azione profetica. Egli Rovescia, (exébalen= scacciare, espellere), che ha un significato più profondo del semplice rovesciare. Gesù stava respingendo dal giudaismo il legalismo di cui era intriso, per riportarlo a Dio con un culto rigenerato e non più radicato nella Legge, ma nel cuore e rivolto, non solo ai Giudei, ma a tutta l’umanità: “Andate dunque e ammaestrate tutte le nazioni battezzandole…”(Mt 28,19-20).Ma le autorità si oppongono (si sdegnarono), infatti solo i nuovi credenti, (i bambini e i lattanti) possono controbattere il rifiuto di coloro che restano legati alla Legge. Infatti Gesù li lascia ed esce dalla città, affermando ancora una volta che il culto praticato nel Tempio era ormai arido e non gradito a Dio, paragonandolo a un fico lussureggiante di foglie, ma privo di qualsiasi frutto. La fame di Gesù sta nel desiderio di trovare culto vero, ma rimane deluso perché trova un fico improduttivo e decreta la sua fine a favore del nuovo culto, che Egli è venuto ad inaugurare: una fede alimentata dalla preghiera è capace di dare frutti. I discepoli stupiti chiesero per quale motivo sia seccato il fico e Gesù risponde che solo una fede senza esitazioni può scalzare un monte e gettarlo in mare; soltanto una fede alimentata dalla preghiera può ottenere quello che chiede; una fede nel Dio che salva non può rimanere infruttuosa.

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