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Mt 16,13-20

 

Confessione di Pietro e annuncio della Chiesa

 

di Ina Mancino

 

 

Il Vangelo di Matteo dà grande risalto all’insegnamento di Gesù che va formando la comunità, ammaestra i discepoli su molti aspetti della vita cristiana, sul Regno di Dio e sulla missione.

Nel capitolo sedicesimo Pietro fa la sua confessione messianica.

Gesù per allontanare i discepoli dalla dottrina dei farisei li conduce nella regione di Cesarea di Filippo e chiede: “La gente chi dice che sia il Figlio dell’uomo”? L’evangelista contrappone gli uomini al Figlio dell’uomo, l’uomo che ha la condizione divina, che ha lo spirito e quelli che non ce l’hanno.

La risposta è deludente perché vengono indicati personaggi dell’A.T., nessuno ha compreso la novità portata da Gesù. Allora si rivolge a tutto il gruppo, “Chi dite che io sia“? Pietro rispose “Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente”. Finalmente c’è chi ha capito che Gesù non è il figlio di Davide, che con la violenza impone il regno, ma è il figlio del Dio vivificante, cioè che comunica vita. “Beato sei tu, Simone”. Gli dice “beato”, però lo chiama “figlio di Giona”. “Figlio”, nella cultura ebraica non indica soltanto chi è nato da qualcuno, ma chi gli assomiglia nel comportamento. Giona è l’unico tra i profeti dell’A.T che ha fatto il contrario di quello che il Signore gli aveva comandato, poi finalmente si convertì.

Quindi in appellandolo figlio di Giona, Gesù fa il ritratto di Pietro: farà sempre il contrario di quello che Gesù gli chiederà di fare, ma alla fine si convertirà.

“Né carne né sangue te lo hanno rivelato, ma il Padre mio che è nei cieli.” Ecco, Pietro è il beato perché Dio gli ha comunicato la verità su Gesù.

“E io dico a te: Tu sei Pietro”, il termine greco adoperato dall’evangelista è petros, che indica un mattone, un sasso, che può essere raccolto e usato per una costruzione. “E su questa pietra”, ora l’evangelista adopera il termine greco petra che indica la roccia che è buona per le costruzione. Quindi Gesù dice a Simone: “Tu sei un mattone. Su questa roccia”, e la roccia è Gesù, “Edificherò la mia chiesa”. Il termine greco ekklesìa indica adunanza, l’assemblea di quelli che sono convocati.

Quindi Gesù non viene a costruire una nuova sinagoga, ma una nuova realtà. “e le porte”; le porte di una città indicavano la sua forza, “degli inferi”, cioè del regno dei morti. “non prevarranno contro di essa”.

Su una comunità costruita su Gesù, figlio del Dio vivente, che comunica vita, le forze negative, della morte, non avranno alcun potere.

“A te darò le chiavi del regno dei cieli”. Concedere le chiavi a qualcuno significava ritenerlo responsabile della sicurezza di quelli che stavano dentro. Non dà le chiavi per l’accesso all’aldilà, non lo incarica di aprire o chiudere, ma lo ritiene responsabile di quelli che sono all’interno del regno che Gesù è venuto a proporre. “Tutto ciò che legherai sulla terra”, qui l’evangelista adopera un linguaggio rabbinico, che significa dichiarare autentica o meno una dottrina, “sarà legato nei cieli”, cioè in Dio, “tutto ciò che scioglierai sulla terra sarà sciolto nei cieli”.

L’insegnamento di Gesù che comunica vita, ha l’approvazione divina.

Però, “ordinò ai discepoli di non dire ad alcuno che egli era il Cristo”. Nella risposta di Pietro c’era stata una parte positiva: ha riconosciuto Gesù come figlio Dio, ma anche negativa: “tu sei il Cristo”, il messia atteso dalla tradizione. Gesù dice di non è il messia atteso dalla tradizione, Egli è il Cristo, ma in una forma nuova, non adopererà il potere, ma l’amore; non il comando, ma il servizio.

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