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Luca 7,1-17

 

Il centurione di Cafarnao e risurrezione del figlio della vedova di Nain 

 

di Carmela Gelsomino Drago

Il miracolo è un intervento salvifico di Dio che continua a "visitare il suo popolo" (7,16), è un segno di quella salvezza universale, totale e definitiva che sarà donata all'umanità.
"Un grande profeta è sorto tra noi", esclama la folla alla risurrezione del giovane di Naim (7,16). Gesù stesso nel discorso inaugurale a Nazaret (4,17-21) e nella risposta agli inviati del Battista (7,22) afferma di essere venuto a realizzare quanto Isaia (61,1-2;35, altri testi) aveva predetto circa il lieto annuncio che sarebbe stato recato ai poveri mediante la liberazione da ogni genere di male del corpo e dello spirito, non esclusa la morte.
Luca riporta questi due miracoli: il racconto della guarigione del servo del centurione e la risurrezione del figlio della vedova di Naim, dopo le beatitudini e il comandamento dell'amore.
I primi protagonisti: il centurione, alcuni anziani dei giudei. Il Centurione è un pagano, appartiene alla categoria dei peccatori. Tuttavia è descritto buono verso i giudei e i subalterni. È ben disposto ad accogliere la salvezza, come il centurione di Atti 10. Il suo servo, che considerava come un figlio, sta per morire, ha sentito parlare di Gesù e invia da Lui alcuni anziani dei giudei per chiedere di guarire il suo servo.
Luca ricalca le caratteristiche del centurione: sa essere vicino alla gente: “… ama il nostro popolo”. Va incontro ai loro bisogni: “… è stato lui a costruirci la sinagoga”. Ama i suoi dipendenti ed ha a cuore la sorte di un suo servo: “. Un uomo buono e pietoso, benvoluto da tutti …
Il Maestro, che ha appena rivolto il suo annuncio di salvezza ai poveri e parole tanto impegnative ai discepoli, rivela ora "l’efficacia della sua parola” per chi l’accoglie con fiducia e umiltà.
Il centurione, vedendo la disponibilità del maestro, fa inaspettatamente una professione di fede alla maniera militare: “…ho sotto di me dei soldati, dico a uno: Va’, ed egli va; e a un altro: Vieni, ed egli viene; e al mio servo: Fa’ questo, ed egli lo fa”. Il centurione voleva giustificare il proprio rispetto verso Gesù col suo spirito militare.
Luca esalta la fede di un pagano nell’efficacia della parola di Cristo. Ancora oggi tutti noi cristiani usiamo le stesse parole del centurione durante la comunione eucaristica: “… ma di’ soltanto una parola… “. Tutto l’interesse del racconto è concentrato nel dialogo tra Gesù e gli inviati del centurione pagano e culmina nella proclamazione di Gesù: “Vi dichiaro che una tale fede non l’ho trovata neppure in Israele”.
Se la parola di Gesù è un seme, la fede è il terreno che lo accoglie e su cui cresce la pianta. Senza la fede la potenza del seme resta improduttiva.
Non basta conoscere le Scritture, osservare la legge e invocare "Signore, Signore", bisogna praticare le opere con amore e semplicità di mente e di cuore.
Anche il brano della vedova di Naim mette a fuoco un gesto di misericordia e d’amore, simmetrico a quello del servo del centurione a Cafarnao. I protagonisti sono la madre vedova e il suo giovane figlio morto, che viene portato alla sepoltura nello stesso istante in cui Gesù sta per entrare in Nain.
Il fatto era particolarmente pietoso, forse ciò spiega anche perché c’era molta folla della città insieme con la vedova: certamente tutti nel borgo avevano saputo della disgrazia e volevano partecipare al dolore di quella mamma che aveva perduto il suo unico figlio. L’attenzione di Gesù è per la mamma; la sua partecipazione al dolore è immediata.
Non piangere! Queste parole chissà quante volte erano dette e ripetute in quella giornata alla povera donna, ma restavano soltanto parole. Gesù, però, va oltre. L’ordine di non piangere anche se in questa circostanza pare paradossale, è una promessa.
Il dono che segue non è né sperato, né chiesto, né atteso. E' pura iniziativa del Signore. Le sue viscere di misericordia lo portano alla com-passione, a patire con chi soffre.
La risurrezione del figlio della vedova di Naim evidenzia la misericordia di Gesù che va al di là di ogni aspettativa. Dio previene e visita, senza richiesta, preghiera o fede, chi è totalmente perduto e non può più chiedere, né pregare, né credere.
"E accostatosi toccò la bara, mentre i portatori si fermarono. Poi disse: <<giovinetto, dico="" a="" te:="" alzati!="">> Il morto si levò a sedere e incominciò a parlare; ed Egli lo diede alla madre".
La folla ha una reazione di meraviglia e riconosce l’azione potente e salvifica di Dio: “Davano gloria a Dio”. E nell’esclamazione finale, “Un grande profeta è sorto tra noi e Dio ha visitato il suo popolo”, Luca ci offre la chiave d’interpretazione dei due episodi. "Dio ha visitato il suo popolo".
Com’è la mia fede nella Parola e nelle sue mediazioni umane?
Credo che questa parola può sempre operare con potenza anche oggi!

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