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Luca 2,1-20

Nascita di Gesù 

 

di Franca Bulgarelli Cascio

L’evangelista Luca colloca l’intervento salvifico di Dio all’interno della “grande storia dell’uomo”, per evitare di confinarlo nel mondo della leggenda.
Il racconto della nascita di Gesù è estremamente semplice e conciso.Tutto quello che precede serve a motivare la nascita di Gesù a Betlemme, nella città di Davide. Il racconto si apre con un orizzonte molto ampio; si fa riferimento a un decreto di Cesare Augusto, il quale ordina che si faccia il censimento di tutta la terra. Il redattore fa poi concentrare progressivamente lo sguardo sulla Siria, comprendendo anche la terra d’Israele, quindi sulla Galilea, poi ancora sulla Giudea e, finalmente, sulla città di Davide, Betlemme, la città del pane.
La nascita di Gesù a Betlemme conferma storicamente la discendenza davidica di Gesù, secondo quanto aveva annunciato il profeta Michea (Mi 5,1). Ed è in questa città di Davide, in cui si trova Maria, che avviene qualcosa di inaudito, anche se è nello stesso tempo qualcosa di estremamente naturale, un evento di enorme importanza: la nascita del Salvatore. Questo Bambino, portatore di speranza, nasce nella città del pane, nasce come pane fragrante, disposto ad essere consumato per diventare VITA degli uomini.
Il testo parla di Maria, tutta sola “lo avvolse in fasce e lo depose in una mangiatoia”.
Il Figlio di Dio, entrando nel mondo, ha scelto di nascere in povertà. Quale contrasto con la nascita di Giovanni Battista, nato in una casa confortevole, circondato dalla gioia dei parenti e dei vicini!
Il grande evento della nascita di Gesù appare miserevole e oscuro, ma il cielo non tace. Dio, dovendo comunicare la notizia dell’arrivo del proprio Figlio sulla terra, concede la primizia ai pastori che in quella zona vegliavano, di notte, facendo la guardia al gregge. I pastori sono gli emarginati del tempo; assorbiti dal loro lavoro non hanno la possibilità di approfondire lo studio delle Scritture, sono perciò disprezzati. Ma Dio sceglie i disprezzati, gli ultimi, i deboli; essi sono idonei ad accogliere la rivelazione e la salvezza.
Nello sfondo della solitudine che circonda la nascita di Gesù, risalta maggiormente la luce della rivelazione celeste. Soltanto da un inviato del Signore può venire la parola che fa comprendere la vera identità del Bimbo nato a Betlemme. Un angelo si avvicina ai pastori, essi sono avvolti dallo splendore della gloria del Signore, percepiscono la presenza tangibile di Dio e, come sempre accade all’uomo di fronte a una manifestazione divina, sperimentano un forte timore. L’angelo li incoraggia e spiega loro quello che solo una rivelazione può spiegare. Egli è portatore di una bella notizia, di una grande gioia, “per voi” dice, e lo sarà anche per tutto il popolo e lo è ancora oggi per noi. L’angelo passa, dunque, al contenuto del messaggio che costituisce il centro di tutto il brano: “Oggi nella città di Davide è nato un Salvatore che è CRISTO SIGNORE”.
E’ questo il momento che conclude le attese, l’oggi dell’intervento ultimo di Dio; ora egli si rivela Salvatore in modo unico. I grandi avvenimenti salvifici del passato, l’esodo, il ritorno dall’esilio babilonese, le vittorie, le liberazioni politiche, ora ricevono una conferma definitiva. Il Salvatore è Gesù non le pseudo divinità pagane. Egli è Salvatore come Messia che compie le promesse del Padre e come Signore intronizzato da Dio mediante la risurrezione. Questo è il messaggio che i pastori sono tenuti a portare; la verifica dell’autenticità di questo messaggio è data dal fatto che “è stato avvolto in fasce e deposto in una mangiatoia”. La mangiatoia Dio l’ha scelta come segno del suo agire di salvezza ed è più che sufficiente per credere, tanto più che il cielo si svela come mai ha fatto. All’angelo si unì una schiera di altri esseri celesti che intonarono l’inno di lode a Dio e di augurio agli uomini: “Gloria a Dio nell’alto dei cieli e pace in terra agli uomini che egli ama”. Il Gloria ancora oggi risuona nelle nostre assemblee liturgiche, cantato all’inizio della Messa, costituisce un richiamo al Natale inserito nel cuore del mistero della Cena a significare la continuità tra la nascita e la morte di Cristo, tra il Natale e la Pasqua all’interno dello stesso mistero di salvezza. Gli angeli si allontanano dai pastori ed essi si affrettano a recarsi a Betlemme. All’annuncio segue l’ubbidienza della fede; dopo aver ricevuto il messaggio, i pastori devono diventare anche testimoni oculari. Essi hanno già creduto prima di vedere; adesso, nella pienezza della gioia di questa fede, non fanno altro che contemplare con i propri occhi Maria, Giuseppe e il Bambino che giace nella mangiatoia, come aveva detto l’angelo. Raccontano, quindi, a tutti ciò che di quel Bambino era stato detto loro.
La rivelazione e l’annuncio fanno sì che la nascita di Gesù diventi un evento di salvezza che raggiunge tutti gli uomini.
Tutti quelli che li odono si meravigliano. La meraviglia non sempre è segno di fede, segno di fede è, invece, il comportamento di Maria: anche lei ha udito i pastori; il messaggero di Dio ha parlato di suo Figlio e lo ha proclamato Cristo – Signore. Maria guarda il piccolo avvolto in fasce e deposto nella mangiatoia: tanta povertà e piccolezza, unite alle parole dell’angelo, esigono anche da lei un atto di fede. Maria conserva in modo riflessivo, confrontando e approfondendo il significato di tutte queste cose dentro di sé, è il modello di ogni vero ascoltatore della Parola.

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