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Mt 15,29-39

 

 Compassione che dà nutrimento per la vita

 

 

di Manuel Tuttolomondo

 

 

Questa pericope si presenta quasi come un doppione della prima moltiplicazione del pane che Gesù ha compiuto in Mt 14, 13 – 21. Possiamo suddividerla in due parti essenziali: la prima che comprende il ministero di guarigione che opera Gesù (vv 29-31); la seconda che racconta la moltiplicazione del pane (vv. 32–39). Gesù sale per l’ennesima volta sul monte prima di iniziare i suoi insegnamenti; questa volta la salita sul monte esprime qualcosa di diverso, ovvero rimarca la sua vicinanza sia al cielo che alla terra. È come se Gesù fosse il segnale che guida il cammino del popolo tanto da divenire una sorta di calamita da cui non ci si può staccare. Il v. 30 rivela a pieno questa teoria, infatti si può notare come la folla stia molto a cuore a Gesù, ma anche come la folla abbia piena fiducia nel Messia tanto da portare “ai suoi piedi” una moltitudine di ciechi, storpi, sordi, zoppi e altri malati nella speranza, quasi certezza, che venissero tutti guariti e risanati. Ancora possiamo notare l’attaccamento di Gesù alla realtà celeste e terrena al tempo stesso; Egli prima sale sul monte innalzandosi, per poi subito chinarsi verso i più sofferenti che hanno bisogno del suo aiuto. E Gesù ha compassione e guarisce tutti destando la meraviglia e lo stupore dei presenti che cominciarono a “glorificare il Dio d’Israele”. Questo specificare con forza “Dio d’Israele” e non solamente “Dio” ci induce a pensare che, in quella folla immensa, sono presenti anche persone non appartenenti al popolo di Israele. Forse in quella folla ci sono i cosiddetti “cagnolini”, i pagani, che ormai sanno, grazie alla grande fede e all’audacia della donna Cananea (Mt 15, 21-28), che c’è cibo anche per loro. Questo spiega il perché di una seconda moltiplicazione del pane; mentre la prima era rivolta solo a Israele, adesso è destinata anche ai più lontani.

La seconda parte inizia con la compassione di Gesù verso questa folla che ormai lo segue digiuna da tre giorni. La compassione è il principio di ogni sua azione: è l’amore, di chi sente l’altro come sé stesso (cum-patire – patire con). Allora chiede ai discepoli cosa hanno da mangiare, ma anche stavolta il piano di Gesù sembra fallire poiché i discepoli non hanno altro che sette pani e pochi pesciolini.

Il numero sette non è messo lì per caso dall’evangelista; esso infatti rappresenta la perfezione perché richiama il settimo giorno della creazione dove tutto era già perfetto.

E dopo averli benedetti li spezzò e li dava, NON diede, ai suoi discepoli per distribuirli. Ho sottolineato la differenza tra i verbi usati nella prima moltiplicazione da quello usato qui; è utilizzato l’imperfetto perché è un’azione che non è ancora finita, Gesù continua sempre a dare a noi ciò che diede allora fino a quando Dio sarà tutto in tutti (1Cor 15,28). Tutti mangiarono a sazietà, poiché solo il Suo pane sazia la vera fame dell’uomo; e avanzarono sette ceste piene. Nella prima moltiplicazione ne erano avanzate 12, in rappresentanza delle tribù di Israele, ora sono 7. Mentre prima si sottolineava la quantità del pane che basta per tutti e per sempre, adesso si sottolinea la qualità: il pane è perfetto, che ci rende figli, perfetti come il Padre (Mt 5,48). Solo dopo averli saziati del pane perfetto, Gesù congeda la folla e in un certo senso ci consegna al nostro cammino speranzosi di “non venir meno per strada”(v.32).

 

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