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Mt 14,22-33

 

Travaglio e forza della fede

 

 

 

di Carmela Gelsomino Drago

 

Matteo in questi pochi versetti tocca vari temi: quello di Gesù che è solo sul monte a pregare; quello delle tempeste che flagellano la barca della vita

umana e della Chiesa; quello di Gesù che domina le acque con un potere che la Scrittura attribuisce solo a Dio; quello del credente che spesso sostituisce alla retta fede le sue teorie religiose. Ma il tema dominante del brano è quello del travaglio della fede umana.

Il punto focale del brano è il grido di Pietro: “Salvami, Signore!”, chiuso tra l’infuriare delle onde che stanno per travolgerlo, mentre timoroso sta camminando sulle acque, e il loro rapido quietarsi appena Gesù viene in suo soccorso. Non poteva descriversi meglio la fede di un uomo, che da una parte cammina verso Gesù, e dall’altra teme che le onde possano travolgerlo.

Analizziamo brevemente il testo:

Gesù con i discepoli, dopo la moltiplicazione dei pani, si trovano sulla sponda del lago, al calar della notte,"costringe" i discepoli a salire sulla barca e a precederlo sull'altra riva, mentre egli nel frattempo congeda la folla (v. 22). Dopo aver licenziato la folla Egli sale su un monte a pregare; venuta la sera Gesù è ancora solo sulla montagna.

La preghiera fatta su un luogo elevato, simbolo della rivelazione divina, mette in luce l'origine soprannaturale del suo potere e il suo rapporto speciale con Dio.

La barca dei discepoli è in mare aperto in balìa del vento contrario e delle onde: l’evangelista già intravede il cammino della fragile barca della chiesa nella storia, sballottata tra avversità e tensioni anche all'interno della comunità … Essa però non è abbandonata dal Signore Gesù, il quale non solo prega per la sua comunità, ma si fa anche misericordiosamente presente ai suoi discepoli, lui che "è con loro tutti i giorni fino alla fine della storia" (cfr Mt 28,20). Ecco infatti che sul far del mattino "viene verso di loro camminando sul mare". Sì, Gesù è l’Emmanuele, il Dio-con-noi, colui che ci è sempre accanto quando le onde si gonfiano in mezzo alla tempesta (cfr Sal 46,4), colui che passa sul mare con orme invisibili per guidarci (cfr Sal 77,20-21) e condurci al porto sognato (cfr Sal 107,23-30).

I discepoli erano con Gesù in mezzo al mare la notte in cui egli aveva placato la violenta tempesta con la sua parola (cf. Mt 8,23-27); eppure ora vedendolo avanzare sulle acque sono turbati e, assaliti dalla paura, gridano: "È un fantasma!". Subito però Gesù li rassicura con poche,straordinarie parole, che vogliono placare il loro sconvolgimento interiore e infondere nei loro cuori la fiducia: "Coraggio, sono io".

L’espressione “Sono io!" è la stessa con cui Dio fece superare la paura di Mosè quando lo mandò a liberare il popolo d’Egitto (Es 3,14). Per le comunità, sia di ieri che di oggi, era ed è molto importante fidarsi di Dio: "Coraggio! Sono io! Non abbiate paura!"

Numerose sono le paure che ci abitano, tutte generate dalla "paura madre", quella della morte: ma Dio da sempre esorta i credenti a non temere, a dimorare sicuri in lui, come ci testimoniano le Scritture, dalla Genesi: "Non temere Abram, io sono il tuo scudo..." (cfr Gen 15,1) fino all’Apocalisse: "Non temere ciò che stai per soffrire... Sii fedele sino alla morte e ti darò la corona della vita" (cfr Ap 2,10). E questo invito è particolarmente frequente sulle labbra di Gesù, rivolto alle donne nell’alba della resurrezione, "Non temete!" (cfr Mt 28,10), l’evento che segna la vittoria definitiva dell’Amore sulla morte. La nostra risposta a tale esortazione dovrebbe consistere in una fede salda, come quella della cananea, alla quale Gesù fa l'elogio straordinario: "Donna grande è la tua fede! Avvenga per te come desideri" (cfr 15,21-28). Dobbiamo coltivare la certezza dell’amore del Signore per noi, senza che vi sia bisogno di alcuna prova. Eppure spesso cediamo alla tentazione di esigere da Gesù un segno tangibile, come qui fa Pietro: "Signore, se sei tu, comanda che io venga da te sulle acque!". Nella sua condiscendenza Gesù gli dice: "Vieni!", ed ecco che l’impossibile diventa possibile grazie alla sua parola che ci fa tenere fisso lo sguardo su di lui, meta del nostro cammino.

Pietro vuole sperimentare il potere che domina la furia del mare. Un potere che nella Scrittura appartiene solo a Dio (Gn 1,6; Sal 104,6-9). Gesù gli permette di essere partecipe di questo potere. Ma Pietro ha paura. Non appena Pietro torna a rivolgere la propria attenzione al vento impetuoso e ricade preda della paura, inevitabilmente comincia ad affondare. Allora non gli resta che l’invocazione accorata: "Signore, salvami!", a cui Gesù risponde prontamente afferrandolo per la mano. Nel fare questo non può però esimersi dal rimproverarlo: "Uomo di poca fede, perché hai dubitato?". È una domanda che costringe Pietro a fare i conti con l’incredulità che lo abita, una domanda che siamo chiamati a lasciar risuonare anche nel nostro cuore. Del resto poco prima Gesù aveva rivolto a tutti i discepoli un interrogativo analogo: "Perché avete paura, uomini di poca fede?" (cfr Mt 8,26). Quando infine Gesù sale sulla barca, il vento si placa.

Allora i discepoli gli si prostrano davanti, accompagnando il loro gesto di adorazione con una solenne confessione di fede: "Tu sei veramente il Figlio di Dio". Gesù per ora tace, ma più avanti chiarirà cosa significa e cosa comporta il suo essere Figlio di Dio (cfr Mt 16,16.21). Qui il suo silenzio è per noi una domanda: siamo disposti ad aderire a lui senza paura, credendo al suo amore (cfr 1Gv 4,16)? Questa fiducia salda è la verità di ogni confessione di fede fatta a parole … Ma noi sappiamo riconoscere la sua presenza e mettere in lui la nostra fede? Come ci aiuta questo a riconoscere oggi la presenza di Gesù nelle onde contrarie della vita? Qual è la traversata che oggi anche il Movimento Presenza del Vangelo è chiamato a vivere?

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