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Luca 6,17-35

 

La predicazione di Gesù: le beatitudini e i guai, l’amore per i nemici 


di Giuseppe Tabbuso


Gesù, dopo aver pregato il Padre sul monte, come fa nei momenti decisivi della sua vita (cfr. Lc 3,21; 9, 28-29; 22,41), e avere scelto i dodici che chiama apostoli (cfr. Lc 6,12-16), scende con loro e si ferma su un luogo pianeggiante. Tante volte, nel suo Vangelo, Luca ci ha parlato dell’insegnamento di Gesù alle folle, senza mai descriverne il contenuto (Lc 4,15.31-32.44; 5,1.3.15.17; 6,6). Il vangelo che Gesù aveva preannunciato nel discorso programmatico nella sinagoga di Nàzaret, «Lo Spirito del Signore è sopra di me; per questo mi ha consacrato con l’unzione e mi ha mandato a portare ai poveri il lieto annuncio» (Lc 4,18), ora si concretizza nel cosiddetto “Discorso della pianura” (cfr. Lc 6,20-49): pochi versetti, se confrontato col più noto “Discorso della montagna” di Matteo che occupa i capp. 5-7, anche se entrambi si aprono con le beatidudini (cfr. Mt 5,1-12 e Lc 6,20-23) e terminano con la parabola della costruzione della casa (cfr. Mt 7,24-27 e Lc 6, 47-49).
Il brano su cui rifletteremo è rappresentato da due pericopi fondamentali: le beatitudini e i guai (cfr. Lc 6,17-26) e l’amore per i nemici (cfr. Lc 6, 27-35).
vv. 17-26: Attorno a Gesù si radunano genti dalla Giudea, da Gerusalemme e financo da Tiro e Sidone, due città pagane; erano venuti per ascoltare la sua Parola ed ognuno in Lui ha delle aspettative di guarigione e di salvezza: cercano di toccarlo. Ma i primi destinatari del suo messaggio sono ancora i suoi discepoli: Gesù alza gli occhi verso di loro, verso la cerchia di persone a lui più vicine, e a loro si rivolge, quasi additandoli uno per uno con quel “voi” che è preceduto per quattro volte da “beati” e, antiteticamente, per altrettante quattro volte da “guai”. Gesù invita i suoi a non considerare un limite l’essere poveri, affamati, in lacrime e perseguitati a causa del Figlio dell’uomo, ma un’opportunità, per possedere il Regno dei cieli, per essere saziati da un cibo diverso (cfr. Gv 4,32), per ottenere e vivere la vera gioia, la ricompensa più grande conseguente all’annuncio del Vangelo, della salvezza nel nome del Signore Gesù Cristo (cfr. At 4,12), così come ogni fedele discepolo deve fare. I poveri, gli oppressi, i perseguitati, coloro che sono senza speranza sono beati non per loro merito, né per la loro condizione, perché migliori dei ricchi o più docili all’ascolto, ma perché Dio si prende cura di loro, interviene in loro difesa, rendendo loro giustizia: Gesù ne è la testimonianza vivente, concreta e operante.
Il messaggio pasquale delle beatitudini rompe con la stantia consuetudine del vivere secondo il mondo! Per Gesù la ricchezza, la sazietà, l’allegria dei gaudenti, l’essere osannati quando si è potenti è segno di perdizione e di inconsistenza, di una vita incentrata sul nulla che porta al nulla (cfr. Ger 2,5), è fumo immenso come dice Qoèlet (havel havalim): dunque guai!
vv. 27-35: L’insegnamento di Gesù è molto diverso da quello che il mondo ci propina, è una logica che ribalta le sicurezze umane così come canta il Benedictus: «ha rovesciato i potenti dai troni, ha innalzato gli umili; ha ricolmato di beni gli affamati, ha rimandato i ricchi a mani vuote» (Lc 1,52-53; cfr. Lc 16,19-31). Ecco allora che Gesù si rivolge a coloro che lo ascoltano (“a voi”), ieri come oggi, e li invita ad amare i propri nemici, a fare del bene e non del male, a benedire invece che a maledire e a pregare per coloro che ci trattano male, a non resistere ai malvagi. Chi vuole porsi alla sua sequela deve cambiare mentalità, deve convertirsi al suo esempio: «Padre, perdona loro perché non sanno quello che fanno» (Lc 23,34); così come farà il discepolo e protomartire Stefano: «Signore, non imputare loro questo peccato» (At 7,60). Questo sì che può disarmare il male e chi lo compie: la preghiera, il perdono e il pieno, totale affidamento al Signore.
Dunque le beatitudini e i guai e l’amore per i nemici sono segni dei tempi nuovi inaugurati da Gesù, caratterizzati da una giustizia diversa da quella umana. Per essere figli dell’Altissimo, siamo invitati a cambiare vita e a costruire relazioni umane differenti, basate non sulla reciprocità ma sull’amore oblativo (cfr. v. 35)!

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