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 Luca 4, 14-30

 

Gesù nella Sinagoga a Nazaret

di Lorena Grasso

Il brano evangelico Luca 4,14-30 rappresenta il primo discorso di Gesù avvenuto nella sinagoga di Nazaret, il villaggio in cui era stato allevato e dove era tornato all’inizio della sua predicazione in Galilea. Partecipando al culto sinagogale in giorno di sabato, Gesù ha ascoltato la lettura della Torah e, invitato a leggere la seconda lettura tratta dal profeta Isaia (cfr. Is 61,1-2), ha fatto un commento, un’omelia sintetizzata da Luca nelle parole: “Oggi si è realizzata questa Scrittura (ascoltata) nei vostri orecchi”.
Ed ecco la reazione dell’uditorio: “Tutti gli rendevano testimonianza ed erano meravigliati delle parole di grazia che uscivano dalla sua bocca”. Con il suo intervento Gesù ha raggiunto l’uditorio, ha saputo destare l’interesse e la meraviglia perché le sue erano anche “parole di grazia”.
Ma il racconto subisce una svolta improvvisa. Quelli che hanno appena approvato e “applaudito” Gesù dicono: “Costui è il figlio di Giuseppe, il carpentiere che ben conosciamo come nostro concittadino. È un uomo, nient’altro che un semplice uomo ordinario, nulla di più!”. Le parole di Gesù hanno meravigliato quella gente, perché il messaggio che Egli ha dato è buono, ma è da parte di un uomo ordinario. L’entusiasmo e la meraviglia non conducono alla fiducia in Gesù, perché i presenti non si accontentano solo di parole: occorrono segni, miracoli per avere autorità ed essere riconosciuti.
Gesù, conoscendo i pensieri del loro cuore, non evita il conflitto ma anzi lo incoraggia. “Certamente” – dice – “alla fine dei vostri ragionamenti vi verrà in mente un proverbio: ‘Medico, cura te stesso’. Ovvero, se vuoi avere autorità e non solo pronunciare parole, fa’ anche qui a Nazaret, tra quelli che conoscono la tua famiglia, ciò che hai fatto a Cafarnao!”. È una tentazione che Gesù sentirà più volte rivolta a sé: qui tra i suoi, a Gerusalemme (cfr. Lc 11,16) e infine addirittura sulla Croce (cfr. Lc 23,35-39). È la domanda di segni, di azioni straordinarie, di miracoli: ma tutta la Scrittura ammonisce tutti questi atteggiamenti.
Di fronte a questo repentino cambiamento di umore dell’uditorio nei suoi confronti, Gesù pronuncia alcune parole cariche di mitezza e, insieme, di rincrescimento, parole suggerite dalla sua assiduità alle Scritture, soprattutto ai profeti: “Nessun profeta è bene accetto nella sua patria, nella sua terra”. Gesù la pronuncia con rincrescimento per il rifiuto patito ma anche con una gioia interiore indicibile, perché da quel rifiuto riceve una testimonianza dello Spirito Santo che sempre lo accompagna e che gli dice: “Tu sei veramente profeta, per questo conosci il rigetto!”. Solo chi conosce il rifiuto per le sue parole, il profeta conosce anche la mite e serena certezza di svolgere un servizio non in nome proprio, ma in nome del Signore; non per interesse personale, ma in obbedienza a una vocazione e a una missione vissute e sentite come più forti della propria disposizione interiore e dei propri desideri umani.
Qui va inoltre messa in risalto la tensione tra Nazaret, la patria, e Cafarnao, città straniera per Gesù, ma dove incontrerà proprio stranieri, non ebrei che hanno una fede da lui mai vista in Israele, all’interno del popolo di Dio (cfr. Lc 7,9). È più facile per Gesù operare in spazi stranieri che in quelli propri del popolo di Dio.
Con queste parole Gesù, nella sua missione, fa cadere ogni frontiera, ogni muro di separazione: non c’è più una Terra Santa e una profana; non c’è più un popolo dell’Alleanza e gli altri esclusi dall’Alleanza. C’è un’offerta di salvezza rivolta da Dio a tutti; ovviamente tutto ciò fa aumentare il rigetto nei suoi confronti e scatenare ulteriormente la collera contro di lui: “Si alzarono, lo cacciarono fuori della città e lo condussero fin sul ciglio del monte, sul quale era costruita la loro città, per gettarlo giù”. In tal modo, Gesù fa una prima esperienza di ciò che gli accadrà quando verrà il tempo del suo ministero a Gerusalemme.
Ma Gesù “passando in mezzo a loro, camminava”, in direzione di Cafarnao (cfr. Lc 4,31). Gesù che “passa in mezzo”, che “passa facendo il bene” (cfr. At 10,38), causando entusiasmo ma anche rigetto. “Gesù passa in mezzo e va”, ma noi non ce ne accorgiamo. Passa in mezzo alla sua Chiesa, ma va oltre la Chiesa. Gesù va tra i pagani che Dio ama. A Luca è cara questa immagine: Gesù passa e va. “Però è necessario che oggi, domani e il giorno seguente me ne vada per la mia strada” (Lc 13,32-33). Fino a che giunga l’ora degli avversari, “il potere delle tenebre” (Lc 22,53). Ma Gesù è pronto per la lotta. E noi cristiani, siamo pronti?

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