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Luca 1,1-25

 

Prologo e annuncio della nascita di Giovanni 

 

di Paola Geraci

Dio stesso ci ha scritto una lettera d’amore per la nostra salvezza (Gregorio Magno, Lettere, V, 46).
Una così singolare ed efficace definizione delle Scritture non può non fondarsi anche sullo stile, proprio di un colto scrittore, e sul metodo utilizzato dall’evangelista Luca nel suo prologo.
Egli ci indica subito il contenuto dell’opera, che ha deciso di scrivere dopo avere fatto ricerche accurate “ho deciso di fare ricerche accurate” (1,3) riguardo ad avvenimenti “che si sono compiuti” (1,1).
Luca in queste due frasi “gli avvenimenti che si sono compiuti” e “ho deciso di fare ricerche accurate” usa il perfetto, un tempo che in greco indica un’azione passata, ma i cui effetti perdurano nel presente e proiettano al futuro: la storia della salvezza si è compiuta e continua a compiersi.
Le sue fonti sono i racconti di chi è stato testimone oculare di fatti che ci ha annunciati, divenendo ministro = servitore della Parola (cfr 1Gv 1,1-3). Non possiamo escludere tra queste fonti Maria la Madre di Gesù: chi avrebbe potuto conoscere alcuni particolari che Luca ci racconta?
Lo scopo del suo scritto è dare un resoconto ordinato e personalizzato, “per te”, al destinatario “Teofilo” (cfr 1,3b) a cui ogni lettore può sostituire il proprio nome, col desiderio che da “amato da Dio” possa diventare “amante di Dio”.Teofilo è anche il destinatario della seconda opera di Luca: gli Atti degli Apostoli, gli Atti della Chiesa nascente. Queste due paroline “per te” le considero invito all’incontro personale, che sostiene l’incontro cenacolare col Vangelo.
Questo resoconto non è finalizzato ad una conoscenza per accrescere la cultura ma per una maggiore consapevolezza della “solidità” (cfr Lc 6,46-47) degli insegnamenti ricevuti, quindi una conoscenza per accrescere la fede.
Luca intende scrivere “su ogni circostanza, fin dagli inizi” (1,3a) e inizia da un evento che si pone come cerniera fra l’AT e il NT, e che dà inizio al NT.
L’evangelista scrive ad una comunità di pagani convertiti, che proviene dalle “genti” e non ha molta conoscenza della storia di Israele. Il racconto della nascita miracolosa di Giovanni Battista, che ha nell’AT altri precedenti (Gen18,10-15; Gdc 1,1-24; 1 Sam 1,1-20), è occasione per introdurre nella storia della salvezza. Giovanni Battista, la Voce che deve diminuire perché cresca la Parola (cfr Gv 3,30), chiude l’antica storia che attende il Messia e apre la nuova storia con l’Atteso che sta per venire, con una ancora più grande e straordinaria nascita.
L’inizio del racconto degli eventi si apre come una fiaba: “Al tempo di … vi era un sacerdote” ma che il racconto non sia una fiaba salta subito all’occhio perché il fatto è inserito nella storia, non una storia fiabesca ma una storia documentabile, che fa di Luca l’Evangelista della storia per eccellenza. Nel suo Vangelo, la storia di Gesù è vista all’interno della storia universale: egli fa riferimento ai rappresentanti dei governi dell’epoca, sia al tempo della nascita sia al tempo della morte. I dati sono precisi poiché Luca intende dare ai suoi lettori informazioni precise, perché quanto sta raccontando abbia un supporto verificabile e autentico. Il suo modo di narrare, comunque, è nell’orizzonte della fede, dove la storia ha un peso relativo.
Il sacerdote viene identificato sia per il nome, sia per la sua appartenenza, sia per il ministero, sia perché è giusto. A lui segue la presentazione della moglie, della quale Luca dà le stesse sottolineature per identificarla.
Evidenzio il significato del nome di entrambi: Zaccaria significa "Dio si ricorda" ed Elisabetta "Dio ha giurato''. All’interno di questa realtà umana, Dio realizza un’altra tappa della storia della salvezza: nasce Giovanni "grazia, dono di Dio", che, nascendo, ridarà voce a suo padre, rimasto muto perché non ha creduto alla parola di Dio trasmessa da Gabriele, e realizzando la sua missione con la sua vita sarà Voce della Parola.
Zaccaria viene descritto intento alla preghiera liturgica e la preghiera è uno dei temi che attraversa tutto il Vangelo lucano. Tanti passi ci mostrano Gesù in preghiera: 5,16; 6,12; cfr 9,18; 9,29; cfr.Lc 22,44; 22,46; 23,34. Gesù muore con una preghiera sulle labbra: un versetto del Salmo 31, la preghiera serale ebraica, a cui aggiunge la parola “Padre” (cfr. Lc 23,46).
Alle parole di Gabriele Zaccaria “si turbò e fu preso da timore”(1,12): conosciamo questa reazione di chi ha ascoltato la voce di Dio (cfr Es 3, Ger 1,6-8; Mt 1,19-20; Lc 1,29-30) e il Padre lo sa. Immediata la parola per sostenere l’uomo nella sua fragilità, cioè ciascuno che legge nella sua fragilità: “non temere” (1,13).
Superando il timore, arriva la gioia, “avrai gioia ed esultanza” (1,14) un altro tema del Vangelo di Luca, che si conclude con le parole che dovrebbero connotare tutti i discepoli “con grande gioia” (24,52 b). Un bell’esercizio che invito a fare: dentro il Vangelo di Luca cercare “la gioia”.
Il fatto di cui parliamo avviene a Gerusalemme e a Gerusalemme troviamo i discepoli che vi tornano da Betania dopo l’ascensione di Gesù (cfr 24,52). Il viaggio è altro tema del Vangelo di Luca: non senza meta, ma verso Gerusalemme. Lo compie Gesù e il discepolo è chiamato a mettersi sulle sue orme. Completata la missione a Gerusalemme riprende il viaggio: Andate dunque e fate discepoli tutti i popoli (Mt 28,19) e ancora Allora essi partirono e predicarono dappertutto (Mc 16,20).
A tutti coloro che leggono buon viaggio con la gioia del Signore e in preghiera.

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